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Gianmario Nespoli: Sono stato l’ultimo ad andarmene

Ancorotti Cosmetics
on September 30, 2024

“Trentadue anni passati in questo stabilimento. Tutta la mia carriera lavorativa. Gli ultimi mesi ero praticamente solo, con la mia segretaria. Vedere un capannone lungo 300 metri, di oltre 30mila mq completamene vuoto….Che amarezza, che tristezza! L’ultimo giorno, quando ormai era già pronta la sede universitaria, ho chiuso la porta e me ne sono andato. Era finita un’epoca”.

Gianmario Nespoli, originario di Cremona, è entrato nell’azienda che produceva macchine per scrivere quando ancora la società si chiamava Serio, poi assorbita dall’Olivetti.

Era il 1966. Assunto, a Crema, a tre mesi dal diploma, nonostante avesse ancora pendente il militare. Vi ha trascorso tutta la vita lavorativa, fino al 1992, quando lo stabilimento cremasco chiuse definitivamente.

“Nonostante la chiusura, mi sono fermato a Crema ancora alcuni anni. Ho cercato di proporre i capannoni, ormai svuotati, a nuovi insediamenti produttivi  e, contemporaneamente, ero alla ricerca di  acquirenti interessati a tutta l’area. Sono stati anni di attesa; mi sentivo come il tenente del romanzo di Dino Buzzati “Il deserto dei tartari “; barricato in  una fortezza, il tenente guarda fuori nella speranza di combattere…noi invece eravamo ansiosi di incontrare qualcuno interessato a quest’area”.

A sbloccare la situazione è nata l’iniziativa ad opera soprattutto del Comune, della Provincia e anche del Rettore dell’allora Università Statale di Milano, che hanno proposto di utilizzare parte dei capannoni per trasformarli in sede universitaria. Così è stato. “Ho seguito i lavori di ristrutturazione di una parte dei capannoni  che erano adibiti  a officina per trasformarli in sede universitaria. Il resto è storia”.

Prima di chiudere definitivamente l’azienda e lasciarsi alle spalle oltre trent’anni di professionalità spesi nello stabilimento cremasco, Nespoli si è occupato della ricollocazione degli 800 dipendenti rimasti.“ Nessuno è stato licenziato. Sono stati tutti ricollocati nella Pubblica amministrazione che aveva necessità di organico in quel periodo. Sono stati assorbiti nelle Poste, Comuni e in vari uffici”.

Nell’azienda Olivetti si è occupato di tutto: “Sono partito da cronometrista detto anche ‘Sanguetta’. I cronometristi erano quelli che conteggiavano i tempi di lavoro. Erano noti per la loro tendenza ad esasperare e sfruttare al massimo il lavoratore e ridurre i tempi; considerati sanguisughe. Ma all’Olivetti c’era una cultura diversa. L’azienda aveva introdotto una serie di criteri e correttivi in modo da  definire dei tempi di produzione accettabili”.

I neodiplomati erano soliti seguire un certo tipo di percorso: inizialmente erano inseriti nella rilevazione dei tempi di lavoro; in seguito, in base anche alle attitudini personali, che si cercava di assecondare, venivano dirottati su altri tipi di lavoro, quasi sempre di tipo tecnico.

“Nel mio lungo percorso all’Olivetti di Crema ho fatto davvero di tutto: da cronometrista sono passato a  lavori di servizio, di supporto alla produzione, poi sono diventato caporeparto, mi sono occupato della pianificazione del lavoro fino ad arrivare a caposervizio. Come caposervizio calcolavo il fabbisogno di risorse sia in termini di persone che di mezzi; ogni mese quantificavo le persone da collocare sui vari tipi di prodotti che ci venivano richiesti”.

All’apice dell’attività produttiva, che si è raggiunta negli anni 80, lo stabilimento Olivetti di Crema   contava 3.000 dipendenti anche 3.300, tra operai e impiegati. Si era aggiunta anche una sede distaccata che era stata spostata ad Offanengo dove si costruivano i motori elettrici; poi con l’avvento del computer e della stampante è iniziato il declino. Le macchine per scrivere non avevano più futuro, non c’era più mercato.

 “Le ragioni del declino sono evidenti: a fronte di una spinta all’automazione, che ha migliorato i tempi e la capacità produttiva, ma ha anche  ridotto l’organico, si è imposto un mercato in cui la domanda del prodotto “macchine per scrivere” era in forte calo. Forse si poteva convertire la produzione, ma non si è fatto. Sicuramente ci saranno stati altri motivi, oltre all’eccesso di potenzialità produttiva rispetto alle richieste. Ma a noi sono sfuggiti“.

Ciò che più colpiva della fabbrica Olivetti era tuttavia la visione lungimirante del suo fondatore, Adriano Olivetti, specie per quanto riguarda il rapporto tra il personale e il cosiddetto Welfare aziendale.

“Il rapporto con i propri superiori era molto aperto e democratico. In tempi in cui le classificazioni sociali erano molto rigide, all’Olivetti potevamo parlare tranquillamente con i nostri capi che ci ascoltavano. L’Olivetti era considerata un grande famiglia perché pensava al benessere dei propri dipendenti. Hanno istituito i regali di Natale per i figli dei dipendenti fino a 12 anni. Qui non c’erano gli asili nido come a Ivrea ma potevamo usufruire delle colonie. L’azienda ne possedeva diverse in posti molto belli sia al mare, sia in montagna. E si stava molto bene”.

L’ambiente di lavoro era decisamente diverso rispetto alle altre fabbriche: “Quando qualcuno finiva il lavoro previsto dal proprio turno poteva alzarsi e andare a socializzare in altri reparti.”

C’è stato un periodo in cui si sono fatti anche i tornei di dama; questo perché con l’ introduzione del cosiddetto sistema delle UMI, unità di montaggio integrate, il lavoro era meno alienante e si poteva regolare; acquisiti certi automatismi vi era la possibilità di finire alle 16 invece che alle 17. In quell’ora si era liberi di fare quello che si voleva; portavamo la scacchiera e abbiamo organizzato dei tornei di dama. Non ci hanno mai detto nulla”.

“Cosa ha rappresentato per lei  l ’Olivetti? “ Intanto vi ho passato tutta la mia vita lavorativa. Non lo dico per retorica, che non amo, ma dall’Olivetti ho imparato molto. Ho fatto esperienze in campi che mai avrei pensato di fare. Ad esempio, avendo una formazione tecnica mi aspettavo che gli incarichi riguardassero sempre quell’ambito. Invece mi sono stati affidati lavori di tipo gestionali…dall’organizzazione del lavoro, alla contabilità industriale, alla logistica. Negli ultimi anni, a Crema, ho dovuto seguire i lavori di ristrutturazione dell’officina e coordinare i lavori di imprese edili e idrauliche. Ho fatto davvero di tutto, maturato esperienze diverse, e quando mi vedevano perplesso per degli incarichi mai fatti mi dicevano “Imparare sulla propria pelle si impara prima….”. E’ stata una scuola, ho davvero imparato a lavorare!